riflessione quaresima - GRUPPO DI PREGHIERA "I TABERNACOLI" Brescia

GRUPPO PREGHIERA
"I TABERNACOLI "- Brescia -
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PADRE GIOVANNI BALESTRA
Quaresima - II Domenica (Marco)

Questi è il mio Figlio prediletto.

Gen 22,1-2.9.10- 13.15-18/ Sal 115 /Rm 8,31-34 / Mc.9,2-10 -

In questo tempo di preghiera e di riflessione, la liturgia domenicale
sceglie pagine che favoriscono il nostro accogliere Colui che si
annuncia come il Messia. L'evangelista dice che Gesù, prende con se
tre suoi amici e si ritira sul monte in preghiera. Tanto è il fervore
del Suo Spirito che il suo volto si trasfigura, e le sue vesti
diventano bianche. A questo appuntamento,si presentano due antichi
personaggi della Bibbia; Elia e Mosè che discutono con Lui. Anche una
nube raccoglie in unità queste persone, e una voce dal cielo, conferma
che Gesù, è il Figlio prediletto. Il luogo è bello, vi regna la pace,
e Pietro vuole preparare tre tende, ma è tempo di ritornare a valle e
di mantenere il segreto su ciò che è avvenuto fino dopo la
Resurrezione del Signore.
TRACCIA di RIFLESSIONE:



La scelta a cui la liturgia delle tentazioni della prima domenica ci
ha invitato a seguire Cristo, è come una morte, la morte della vita di
peccato. Ma questa morte, come quella di Cristo, porta alla
risurrezione, ad una vita nuova, alla vera vita. Questa quaresima ci
invita, si, ad una conversione che a volte può costare anche lotte e
rinunce severe, ma essa ci porta ad una vita più autentica, alla vita
di uomini veri, di figli di Dio, simili al Cristo. La trasfigurazione
di cui ci parla il Vangelo, ci fa intravedere questo traguardo della
nostra conversione, il traguardo della Pasqua.

1 lettura: “il sacrificio del nostro padre Abramo”. La fede è prova e
in un certo senso tentazione. E’ distacco dal proprio disegno e dalle
attese conformi solo ai nostri desideri. Abramo, che già si era
separato dalla propria terra e dalla propria casa, ora è chiamato a
manifestare la sua fede distaccandosi dall’unico figlio nato per
l’intervento di Dio, e unica speranza e possibilità per la discendenza
promessa. Abramo non dice di no, ed è pronto al sacrificio, cioè a
quella fede che prima ancora è angoscia e morte del suo cuore. Dio
trae Isacco da quella vocazione di morte, e rinnova la benedizione a
colui che non si era sottratto a un’obbedienza lancinante e
misteriosa. Così impariamo a credere: soprattutto impariamo
l’obbedienza che troverà nell’immolazione volontaria di Gesù sulla
croce la sua forma perfetta.

2 lettura: “Dio non ha risparmiato il proprio figlio”. Paolo ci invita
a non temere proprio nulla: nessun avvenimento e nessun uomo, per
prepotente che sia. Dio sta dalla nostra parte, ci ama e ha dimostrato
il suo amore facendoci dono di quanto aveva di più caro, il Figlio.
Tutto il resto non ci può mancare. Possiamo essere certi che egli non
ci condanna, così come non ci condanna Gesù, dopo che è morto, è
risorto, siede alla destra del Padre e prega per noi.

Vangelo – “questi è il mio Figlio prediletto”. La trasfigurazione
rivela una volta ancora l’identità di Gesù, come il battesimo: egli è
il Figlio prediletto di Dio, inviato a noi perché sia accolto e
ascoltato. E’ lui la Parola, il Vangelo, l’inabitazione e la tenda di
Dio, il segno della sua presenza nella sua persona trasfigurata. E’
lui il contenuto e il senso delle Scritture rappresentate da Elia e da
Mosè. Venuto lui, l’A.T. scompare: egli ne è il compimento. I tre
apostoli sono spettatori attoniti impauriti di questa epifania;
avvertono la dolcezza di quella esperienza. Ma essa non può
continuare: è un momento profetico; un anticipo. Bisognava che il
Figlio di Dio passasse prima attraverso la morte, per poi risorgere e
dare attuazione perfetta alla stessa trasfigurazione.



La trasfigurazione anticipa la gloria del Signore Risorto. Le vesti
bianche sono segno d'appartenenza alla realtà divina. Ricordiamo i
144mila segnati in fronte e avvolti in candide vesti che ricordiamo
nella festa di tutti i Santi. Noi troviamo una grande e anche bella
diversità di presentazione tra gli evangelisti: Mc. accenna al candore
delle vesti, mentre Mt. e Lc. parlano di splendore del volto e questo
per conservare la trascendenza del mistero, tanto che i discepoli non
potevano fissare lo sguardo sul volto di Cristo. Infatti Dio mai
nessuno l'ha potuto vedere e mai visto prima. Nel Vangelo appena letto
scorgiamo Pietro che si meraviglia di trovarsi di fronte a qualcosa di
grande: "è bello per noi stare qui" dirà infatti, e questo per
contemplare la gloria del Maestro, di Mosè e di Elia. Il narratore
spiega la paura che è entrata nei cuori dei discepoli davanti al
mistero di Dio, l'uomo di sempre teme infatti la presenza di Dio. In
questo frangente Cristo annuncia la sua morte e prega i suoi di non
riferire ciò finché Lui non sia risuscitato dai morti. Per i cristiani
la presenza di Cristo in mezzo a noi è simile a quella del Cristo
trasfigurato in mezzo ai tre discepoli, presenza reale e certa
nell'Eucarestia che non trasferisce la vita del credente in modo
permanente su un monte alto, ma che lo invita a realizzare la voce del
cielo: "ascoltatelo". Dall'ascolto della parola di Gesù dipende la
nostra salvezza. Prolunghiamo già oggi l'esperienza "è bello per noi
stare qui" come dire: è bello restare qui con Te, Signore.
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